30.6.08

Uomini e no

In questo periodo sono molto occupato, non ho abbastanza tempo per aggiornare il blog e neppure per tenermi al corrente delle cose che succedono nel mondo in cui vivo.
In realtà, quando mi astraggo così dagli avvenimenti, c'è sempre anche un motivo più profondo. Un momento d'inerzia, di fronte a fatti che mi preoccupano particolarmente, o che mi toccano in corde più sensibili. Forse un poco di depressione, la fantasia di gettare la spugna, come fanno tutti coloro che ad un certo punto, più o meno consapevolmente, smettono "beatamente" di pensare.

Poi, torna lo sdegno.

Sono scandalizzato dalla proposta impresentabile del ministro Maroni di prendere le impronte digitali ai bambini rom. La solita spiegazione: "Lo facciamo per loro". Lo dicevano anche i nazisti, quando imponevano i contrassegni sugli abiti degli ebrei.
Il peggio è che tutti, intellettuali e gente comune sembra non reagire, o reagire applaudendo. Basta vedere gli articoli dei giornali, ascoltare le trasmissioni radio, leggere i commenti nei blog (esempio, altro: 44 pagine). Invece, proprio in questo momento, in cui gli italiani sembrano scivolare in massa in questo incubo di aberrazioni razziste, occorre che ognuno si faccia carico della propria intelligenza, del senso critico, del senso di giustizia, di eguaglianza, o dei valori della Costituzione, se preferisce, oppure di quelli del Vangelo, se ci crede.
Non c'è nulla, nulla che seriamente giustifichi il fatto che si debba trattare diversamente un uomo non sulla base del suo operato, ma sulla base della sua origine etnica, o religiosa, o economica. Non esiste discussione su questo fatto che non sia pretestuosa.

Poi, a valle di questo, nella convivenza sociale, oltre al senso dell'uguaglianza e della giustizia ci vuole anche almeno un po' d'amore.
A causa di questa sordida e violenta campagna contro i fratelli rom e sinti, ho preso la mia posizione e ne ho approfittato per imparare qualche cosa:
cos'è il porajmos
rom, sinti e camminanti: condizioni di vita, cultura, legislazione
Associazione EveryOne: un osservatorio sulla condizione dei rom in continuo aggiornamento

24.6.08

La folata

       Sibila il vento dentro di me.
Sono nudo. Padrone di nulla, padrone di nessuno, neanche padrone delle
mie certezze, sono il mio viso nel vento, controvento, sono il vento
contro il mio viso.

(Eduardo Galeano, da "Il libro degli abbracci", Sperling & Kupfer, 2005)



20.6.08

Giustizia

Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 3:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Siamo tutti d'accordo?
Chi non lo è, per quello che mi riguarda può cliccare qui.

Gli altri, mi seguano. Prego....

Scenario A.
Gustavo ammazza un signore. Viene processato e condannato per omicidio.
A meno che la vittima non sia coniugata ad un extracomunitario non-svizzero (scenarioA.1): allora si mette male (per il congiunto della vittima). Vedi strage di Erba.
Scenario B.
Silvio "er Banana" ammazza un signore. Se sarà approvato il "Lodo-bis" (pare che l'emendamento salva-premier non lo garantisse sufficientemente), non c'è problema. Per Silvio, intendo.

Scenario C.
Mario Lozano, soldato americano, uccide un signore italiano. Non verrà neppure processato. Giuliana Sgrena pagherà le spese processuali. Un tribunale USA dimostrerà che Calipari, arrestando la corsa delle pallottole, ha ostacolato il povero Lozano nell'esercizio delle sue funzioni.
Come quella stupida funivia del Cermis, che si permise di far passare i cavi sulla traiettoria di volo di un caccia statunitense....

Che ne dite? Troppo sangue?
Ok. Allora, altro esempio:

Io rubo, sono processato e condannato. Secondo giustizia.
Un immigrato clandestino ruba. Processato, prende 1/3 in più della mia pena. Non per quello che ha fatto, cioè, per esempio, non perché abbia commesso anche delle violenze, o armato di pistola, mentre io avevo solo ipnotizzato la mia vittima con la mia personalità magnetica, ma per il fatto che è straniero. Secondo giustizia?

Che giustizia è quella che basa l'entità della pena non su quello che il colpevole ha commesso, ma su chi è?
Si abbia allora il coraggio di cancellare quel desueto, anacronistico "sono eguali davanti alla legge"!

Il virus del dominio


Oggi Danilo Dolci compirebbe 84 anni.
In "La comunicazione di massa non esiste" del 1987, così ci parla dell'enorme responsabilità dell'educare:
"Mentre una creatura sana ama chi l'aiuta a sbocciare, una creatura plagiata diviene moralmente confusa o fanatica, e intellettualmente - anche se furbo - un deficiente. Chiudendosi si difende. (...) Il massimo plagio è inculcare alla gente che il dominio è necessario, che il dominio garantisce la vita."

Quando Dolci parla di dominio, intende il sistema di relazioni basato sui rapporti di potere. Dolci non utilizza la comune locuzione "sistema di potere", dal momento che il termine potere, etimologicamente, indica la possibilità di essere e di fare. Il dominio, sia agito che subito, esprime l'imposizione, la coercizione, la violenza; il dominio crea una pseudocultura in cui qualcuno è dominante e gli altri sono passivi, ma gli uni e gli altri sono complici. L'educazione al dominio nasce sui banchi di scuola, è insegnata, o meglio inculcata, dagli insegnanti ai bambini ed ai ragazzi.
Dolci definisce il dominio "un virus".

"La vita autonoma richiede un reciproco adattamento creativo: dal ricevere mentre dà, ricresce. Il virus, incapace di vita autonoma, non può sopravvivere che infettando: microscopica massa, è informazione obbligata a trasmettersi per tentare di esistere, e può soltanto trasmettere sfruttando le energie e gli apparati delle vittime. Specializzandosi ad aggredire determinate cellule, determinati organi, fino a lederli, è un canale monodirezionale. Talora sa stampare inverse informazioni nell'intimo del vivente forzandolo a deperire, deviare, impazzire. Il parassitismo virale non esprime potere ma dominio che permane latente, o progredisce in lente infezioni, o distrugge rapido. Eppure, il parassita perfetto è pura dipendenza. In quanto le terapie dall'esterno contro i virus rischiano di distruggere le cellule vive, una sana possibilità di vincere le infezioni virali consiste nell'attivare le resistenze immunitarie: l'organismo riconosce il parassita approntando i congegni per difendersi. Talora - superata l'infezione, distrutto o controllato il virus - i tessuti danneggiati si possono ricostruire, ma sovente il danno è irreparabile: urge dunque scoprire come intervenire tempestivamente sui progetti virali sapendo come questi via via tentano aggirare l'immunità. (...) Oggi sappiamo che i virus più pericolosi sono quelli che attaccano i sistemi immunitari, o per fusione o per penetrazione diretta: virus multiformi che variano i modi di destrutturare."

Danilo Dolci, La comunicazione di massa non esiste, L'Argonauta, 1987.
Danilo Dolci, La creatura e il virus del dominio, L'Argonauta, 1987

19.6.08

Una storia

Non amo chi riporta testi da altri blog, ma questo mi ha molto toccato. Scusatemi.

da Carmilla on line:

Giuliano Bruno: la secessione da un’epoca vile

di Alberto Prunetti


Italia, nordest, febbraio 2007. Giuliano Bruno è un liceale antifascista. Di ritorno da una manifestazione a Treviso viene aggredito e picchiato da un gruppo di Skinheads neofascisti.
Giuliano non esce più di casa, ha paura.
Da quell’episodio passano alcuni giorni, gli amici lo invitano a uscire. Partono in macchina, vanno verso il centro di Treviso, uno di loro scende, va in cerca di un altro compagno. Poi torna e dice a Giuliano: "Non uscire! Stanno arrivando gli Skinheads!" Arrivano. Aprono la porta della macchina. Giuliano è rimasto dentro assieme a un altro ragazzo. Gli chiedono: "Sei Giuliano Bruno?". "Sì, sono io".
Lo colpiscono con violenza in testa. L'amico prova a difenderlo. Gli rompono il naso.

Dopo la seconda aggressione Giuliano lascia la scuola, non vuole più stare nel trevigiano. Comincia a vagabondare per l’Europa. Partecipa alla manifestazione contro il G8 di Haligendamm, in Germania. Torna in Italia, trova alcuni lavori occasionali. Poi riprende a studiare, questa volta a Trieste.

La mattina del 5 maggio 2008 lo trovano a terra, sotto casa sua. Suicida.

(continua qui)

14.6.08

Non uccidere


A Léo Ferré

Non ucciderai affatto
Né i tuoi compagni di classe, né i tuoi professori
Né i vicini non ucciderai affatto né
A Srebnica né a Tel Aviv né a Jenin
Né perché Dio ti aspetta bevendo sotto la pergola
Né per la patria né per le tue idee
Non ucciderai affatto
-“affatto” vuol dire
Non ucciderai in nessun modo

Non ucciderai il prefetto Erignac(*)
Sotto alcun pretesto nemmeno quello della gloria dimenticata di Paoli
Né perché Dio ti ha dato una parte
All’indomani della Genesi
Né perché Maometto e il suo asino
Hanno lasciato la terrazza sotto le ali dell’angelo

Non ucciderai per l’incasso della panettiera
Né per il fischio dell’acceleratore a 3,5 grammi di alcol
Né per la spiaggia dei protettori ritiratisi ai tropici
Non ucciderai né per godere
Né per vendicarti
Né perché “tu vali
Come cantilena L’Oréal

Con i tuoi 300 000 anni non hai più l’età
Per fare il furbo
Né perché gli odori del vicino attraversano il pianerottolo
O perché il dio dirimpettaio suona la tromba

Non ucciderai
Non perché fu scritto sulle tavole della legge
Ma perché sei tu stesso a dirtelo
Spesso in pieno petto
E perché ti si dice: è meglio non uccidere,
Credici

Non ucciderai nemmeno il riccio che passa lento
E neanche il piccione di Saint-Sulpice e
Tanto meno la foca pelosa o il rinoceronte erotico
Né l’elefante che occupa tutto lo spazio
Né lo zibetto gastronomico

Non ucciderai affatto
Perché quelli che ti urlano di uccidere
Sono più cretini di quelli che ti dicono di non farlo
Hai l’età della ragione per capirlo
L’età della disobbedienza secondo Arendt(**)
Agirai secondo coscienza e niente di buono
Te lo ordina

Perché non ci sono subumani
E non ce ne sono mai stati
Perché non c’è più la Voce che viene dall’alto
Né un piatto della bilancia per la vita eterna

Perché i morti non gridano vendetta
E d’altronde non gridano niente perché non esistono più
Perché non ne hai bisogno per “fare il lavoro del lutto”
(questo cliché opprimente di freudiana memoria in tivù)

Perché non ci si rifà una vita
Perché tu non sei un altro
Perché “non degnarti di vedere”
Niente tranne il vortice delle nebulose

Perché questo è il primo e l’ultimo
E il solo comandamento.

(Michel Deguy)

(*) assassinato il 6 febbraio 1998 ad Ajaccio

(**) La filosofa Hannah Arendt, naturalizzata statunitense, criticò fortemente la guerra del Vietnam e la pax americana del dopo Vietnam, definendola un'esportazione imperialistica del potere statunitense; chiese che la disubbidienza civile venisse inserita nella costituzione americana, come strumento politico dei cittadini in disaccordo morale con le decisioni governative.

12.6.08

Verona, città dell'amore


Verona, città dell'amore.

Dell'omicidio Tommasoli, già si è detto.

L'Arena, maggiore quotidiano della città, 11/6/08
Pagina 9 (prima pagina della cronaca di Verona):

OBIETTIVO SICUREZZA. Dopo il vertice di Parma con il ministro Maroni, Flavio Tosi si rivolge ai giudici e invoca maggiore severità e certezza della pena
«I magistrati ci diano una mano»
(di Enrico Giardini)

(...) A Parma lei ha lanciato al ministro dell’Interno la proposta di dare la possibilità alla polizia municipale di eseguire un fermo di persona per 24 ore, in cella di sicurezza, per comportamenti che vanno dall’ubriachezza molesta al vandalismo. Proposta che non tutti i sindaci del gruppo di Parma condividono, peraltro, e su cui pesa anche il rischio dell’incostituzionalità. Come si colloca questa richiesta nel suo appello ai magistrati?
«Per i comportamenti che ho citato nellla mia richiesta il normale fermo di identificazione non serve, perché si tratta sempre delle solite persone balorde, già conosciute, che non hanno un reddito, e che pertanto non possono essere trattenute se non per il tempo di identificarle, altrimenti scatta l’abuso d’ufficio. Inoltre non vengono mai arrestate e condannate. E se prendono una multa non la pagano. L’unico rimedio e deterrente possibile, allora, è quello di metterle in cella di sicurezza per 24 ore. Solo che ora non si può fare».
(...)

Stesso giornale, stessa data, pagina 12:

SVOLTA CLAMOROSA. Due conviventi di Vigasio, contitolari di una ditta di trasporti, sono stati arrestati per omicidio
Ucciso e bruciato dai datori di lavoro

(di Alessandra Vaccari)

Assassini per denaro. Tancredi Valerio Volpe, 34 anni e la sua convivente Cristina Nervo, 31 anni, residenti in via Solferino 33 a Vigasio sono i due fermati nella tarda serata di lunedì con l’accusa di omicidio volontario premeditato e occultamento del cadavere di Adrian Cosmin, 28 anni, romeno residente alle Golosine in via Mincio.(...)


Faccio notare, tra parentesi, che questa notizia è apparsa sulle maggiori testate nazionali il 10 giugno, cioè il giorno precedente.

Come annota giustamente Pablo:
Ma immaginate un po' se questa notiziola (...) fosse stata a parti invertite. Ci sarebbero stati titoli a nove colonne, dichiarazioni roboanti, editoriali preoccupati o demonizzanti, riunioni d'urgenza del consiglio dei ministri, minaccia di leggi speciali ed espulsioni di massa. Per fortuna invece sono dei "nostri" che hanno ammazzato "uno di loro". Niente di cui preoccuparsi.
UPDATE 23/7/09: un articolo del quotidiano L'Arena fa un suo riassunto dei principali episodi di violenza fascista nella città: lo trovate qui.

9.6.08

Les mots sont allés


14 giugno 2008 ore 17,30
Verona - Chiesa di S. Domenico
via del Pontiere
ingresso gratuito


LES MOTS SONT ALLÉS


Gaetano Nasillo violoncello

Programma:

Johann Sebastian Bach
Suite n. 1 in sol maggiore a violoncello solo senza basso BWV 1007 (1720 circa)
preludio
allemanda
corrente
sarabanda
menuetto I-II-I
giga
Luciano Berio
Les mots sont allés, “recitativo” pour cello seul, 1979
Benjamin Britten
Suite for Cello op. 72, novembre- dicembre 1964
Canto primo: Sostenuto e leggero
I Fuga: Andante moderato
II Lamento: Lento rubato
Canto secondo: Sostenuto
III Serenata: Allegretto (pizzicato)
IV Marcia : Alla marcia moderato
Canto terzo : Sostenuto
V Bordone: Moderato quasi recitativo
VI Moto perpetuo e Canto quarto: Presto

6.6.08

Ricordo di Nicola

Quelle nottate assurde nei rifugi delle Dolomiti

Il giovane assassinato a Verona nel ricordo del suo amico del cuore. Che denuncia il clima nella città scaligera: silenzio, ipocrisia, caccia al diverso.

Tutti, talvolta anche le persone più care, mi hanno sempre ascoltato increduli e dubbiosi quando raccontavo loro il disagio, la tensione, la nevrosi, la rabbia e la violenza che leggevo nei volti di chi sfilava per le vie del centro di Verona.
Quando la sera del primo maggio mi sono trovato a dire, con orrore, «doveva scapparci il morto», mi sono anche reso conto di cosa significhi annullare quella distanza tra te e il dolore, tra te e la «vittima»: quel morto era Nicola Tommasoli. Sì, il «nostro» Nicola; lui che, insieme alla sua famiglia, mi ha accompagnato per ben 15 anni di vita, dalle serate più serene alle nottate più assurde nei rifugi delle Dolomiti.
E apprendere, oggi, nel 2008, che un amico di una tranquillità e spontaneità – e lo dico senza retorica – memorabili, è stato massacrato da un gruppo di neofascisti veronesi che lo hanno colpito ancora e ancora a scarpate sulla testa mentre era per terra indifeso, non trova una giustificazione. Nazisti che tutti accanto a me in questa città accettano nel silenzio dell’ipocrisia, perché al servizio della «Verona bene», della «Verona della moda» della Verona delle ordinanze contro i rom e pro «buon costume»; ragazzi di diciotto anni, il cui vanto è la «normalità» (Liberi, belli e ribelli il loro motto). È da tempo che si vive questo clima di caccia al diverso, questa necessità di un «capro espiatorio», ma mi chiedo perché, per uscire questa verità doveva morire Nicola.
Questo mi chiedo. Tutti devono sapere che tra i tre amici la vittima è stata lui solo perché aveva il codino e «vestiva da sinistra»… e Nicola, lo sanno tutti quelli che lo conoscono, non ha mai vestito in modo da essere di sinistra. Lui ai vestiti non ci dava quel peso ossessivo che ci danno i nevrotici veronesi. Quella sera dunque, in via Leoni, per un puro caso non sono passato io al posto suo. Per un trama assurda del destino. Allora io mi dico, mi convinco di essere qui a testimoniare.
È così che muore parte di me, con Nicola, che aveva soli 29 anni: ma io grido, ancora e ancora, che chi sapeva e ha permesso, chi ha assecondato con “ma” e “comunque”, chiunque abbia sminuito o fomentato in questa città l’odio per ogni diversità, si deve considerare un assassino!
Si nasconde il niente, il nulla davanti e dietro questa azione: un senso non può esistere. Ma la morte di Nicola invece è reale. Reale come le parole che non riesco a dire ai genitori: ad una famiglia libera veramente, da credo politici quanto religiosi, che dimostra la sua generosità e grandezza ben oltre la vita del figlio.

Federico Premi

5.6.08

In diretta da Chiaiano


Sono trascorsi alcuni giorni dalle cariche di polizia, dalla tregua stipulata con il sottosegretario Bertolaso e dall’entrata dei tecnici nelle cave per verificarne l’idoneità a ospitare una discarica da 700mila tonnellate. Nell’attesa, gli abitanti di Chiaiano, Marano e Mugnano continuano a presidiare pacificamente i luoghi della contesa.
Io sono vicino a tutti loro.

Notizie in diretta dal mediacenter qui.


Pechino 2008


Mancano poco più di 2 mesi al cosmico evento. Se sei appassionato di Olimpiadi quanto me, guarda qui.

2.6.08

Tenerezza



Io amo la tenerezza, amo darla e riceverla. Ma , in generale, noi manchiamo tutti di tenerezza, senza dubbio, perché non osiamo offrirla e non osiamo prenderla. Anche perché la tenerezza dovrebbe venire dai genitori, e la famiglia non è più quella che era un tempo. La tenerezza svanisce poco a poco e il dramma è che non viene rimpiazzata da niente. Le donne,in particolare, non sono più tenere come una volta. L'amore è un'espressione della passione. La tenerezza è un'altra cosa. La passione sparisce da un giorno all'altro, mentre la tenerezza è immutabile. E' un dato di fatto. Io ho l'impressione di essere nato tenero. Ciò che chiamo amore nelle mie canzoni credo sia, in realtà, tenerezza. E' sempre stato così, ma solo oggi comincio ad accorgermene. (Jacques Brel)