12.11.08

Dei delitti e delle pene




Qualche vivace discussione in cui sono rimasto coinvolto in altri blog mi ha dato dato l'occasione per riflettere su una questione. Ho pensato di scriverne qui. Vediamo che ne viene fuori.



Si commentava la notizia della sentenza che ha condannato a 20 anni i tre minorenni che hanno violentato, picchiato ed ucciso una quattordicenne a Niscemi (Caltanissetta).
Ovviamente, ci sono stati diversi pareri del tipo: " tra un indulto, buona condotta e qualche sconto di pena si diplomano in carcere poi sono tutti fuori... ERGASTOLO (hanno ucciso) e ovviamente a lavorare per mantenersi la cella, mica li devo pagare io...".
Di questo genere di commenti, mi ha colpito il fatto prima di tutto che non erano più tre ragazzi di 15, 16 e 17 anni, non più tre persone reali, ma piuttosto tre mostri sanguinari. Da allontanare, da far scomparire, tanto che qualcuno/a ha perfino affermato di essere favorevole alla pena capitale, anche se non è arrivato/a ad invocarla esplicitamente contro di loro.
Ho avuto l'impressione che si avesse appiccicato sui tre l'immagine del Cattivo delle favole: personificazione della malvagità, della perfidia, per lui non c'è (non può esservi) né perdono né ravvedimento. Permettendomi della psicologia da rivistina da parrucchiere, sembrerebbe che molti non siano mai riusciti ad elaborare quella percezione infantile della dialettica tra bene e male. E' chiaro come la pena sia vissuta da molti come una giusta punizione, ossia una vendetta della società, invece che come rieducazione (con buona pace di Cesare Beccaria), perché si ritiene non esista possibilità di redenzione. Una visione dell'uomo ben triste...

La seconda cosa che ho notato è stata l'insistenza sull'aspetto economico: mantenere i tre in carcere. Parafrasi del famoso "...e io pago!"
Le due cose vanno sempre insieme. Come se il fatto che IO (non noi, beninteso) pago potesse darmi il diritto di decidere, di determinare una situazione, alla faccia di qualsiasi democrazia. Insomma: io ho comprato 1000 euro di diritti, tu 100? Decido io! Lei laggiù 2000? Eh, ma io pago, mica mi può passare avanti... altrimenti non pago più!
Che poi chi pronuncia il fatidico io pago non di rado, invece, sta imbrogliando: non so se l'avete notato, ma è una tipica dichiarazione da evasore fiscale. O da dipendente frustrato, che, se potesse, evaderebbe...
Anche qui, una ben misera considerazione della condizione umana...


Altro punto conteso, è stato quando l'amica Silvia ha osato tirare in ballo i genitori: quali responsabilità hanno nei confronti di un figlio che compie un'atrocità simile? Quale responsabilità mo0rale ha il genitore distratto, dedito eccessivamente al lavoro o alla sua realizzazione individuale, poco presente, cattivo maestro dei valori etici fondanti?
Mi rendo conto che la questione è molto delicata, ma le reazioni sono state di rifiuto da parte di molti. C'è chi ha fatto il discorso sociologico-razzista: visto che mostri del genere sono usciti anche da ottime famiglie, ne consegue che la trasgressione dell'adolescente può imprevedibilmente concretarsi nel fumarsi una canna tanto quanto nel violentare ed uccidere. (Questione di culo?)
La conclusione era la classica accusa: "Mi pare che in questa società si vada a dare sempre e troppa importanza ai diritti di chi commette delle tragedie e non si salvaguarda chi le subisce".
La solita melma: nessun tentativo di prevenzione, sempre e solo repressione.
Non sarà un filo (solo un filo, eh...) di coda di paglia?