5.12.08

Violenza contro chi amiamo

Più violenza sulle donne tra le mura domestiche
Dalle statistiche ricavate dall'Osservatorio nazionale violenza domestica e presentate oggi ai palazzi Scaligeri da Maria Luisa Tezza risulta che nel 2006 le vittime di questo genere di violenza erano 2.284 mentre sono diventate 2.397 nel 2007. Nel 61% dei casi si tratta di femmine, nel 39% di maschi.
Verona, 2 dicembre '08 - fonte: L'Arena


Un'occasione per riparlare di violenza quotidiana.
Sempre più spesso oggi le famiglie si trasformano in uno spazio in cui si instaurano pericolosi rapporti di forza, sui quali poi si perde il controllo.
Come raccontano gli studi sociologici sulla famiglia tradizionale patriarcale, un tempo i componenti della famiglia allargata avevano ciascuno una propria funzione determinata, e vi era perfino in ogni generazione un "capro espiatorio", funzionale all'equilibrio individuale e collettivo del resto della comunità.
Oggi, in una società generatrice di psicosi, la famiglia mononucleare nasce già intrinsecamente zoppa, perché prodotta da una situazione socio-economica e non da un'esigenza umana. Così, fragilissimo è l'equilibrio tra gli elementi che la costituiscono.
Il sito web dell'Osservatorio Nazionale Violenza Domestica è ricco di dati e documenti molto interessanti, che ci aiutano a farci un'idea anche della portata del "sommerso" ed offrono interessanti spunti di riflessione.

Purtroppo vi si trova un po' dappertutto scritte che recitano:
Tutti i dati e i grafici presenti sono di proprietà dell'Osservatorio Nazionale Violenza Domestica
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E' vietata la riproduzione della presente pubblicazione, sotto qualsiasi forma, senza la preventiva autorizzazione scritta da parte dell’ISPESL
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quindi la cometa, a cui tale politica del diritto d'autore fa venire l'orticaria, si guarda bene dal chiedere il permesso e (di conseguenza) da citare dati o stralci di queste indagini.

Una riflessione che vi ho trovato, e a cui vorrei accennare comunque, riguarda i condizionamenti dei rapporti familiari in relazione al "potere economico"di ciascun componente.
  • Innanzitutto, la conquista dell'indipendenza economica da parte della donna crea due conseguenze dirette:
    1) la crisi del ruolo paterno: l'uomo perde la sua "necessità", la sua funzione di fonte economica primaria, quando non esclusiva; ora la donna può anche fare da sola.
    2)
    i bambini e le bambine possono ora rappresentare una limitazione per lo sviluppo professionale ed economico della madre.
  • Le persone anziane, perduta la funzione tradizionale di memoria storica, sono accettate o tollerate solo nella misura in cui sono produttive (o redditizie): cioè quando partecipano col loro reddito al budget familiare e sono attivi come baby sitter o aiuto domestico o lavorativo.
Mi pare evidente da questa riflessione che la messa in crisi dei valori costitutivi della famiglia - con buona pace di quel signore biancovestito (no, non è un ballerino!) tanto ascoltato e vezzeggiato dai cattolici e dai sedicenti laici della penisola tutta - abbia una stretta relazione con la penetrazione dei princìpi produttivisti nella sfera individuale.

Rimane una constatazione amara: che la frustrazione, la fragilità, la difficoltà ad essere all'altezza tende a sfogarsi in violenza verso le persone che potrebbero essere accoglienti, verso chi si fida, verso chi subisce (e talvolta accetta) di essere vittima senza reagire. Verso chi amiamo.
Peggio che un suicidio.