9.12.10

Un patrimonio in fumo

Appena insediato, un paio d'anni fa, l'assessore leghista alla cultura della mia città aveva sentenziato di fronte a testimoni: "La cultura serve solo come volano dell'economia".
Ringraziandola per la lezione, ora chiediamo a lei ed a tutta la ghenga che governa la mia città, la mia regione, il mio Paese, cosa sia rimasto del patrimonio culturale in senso ampio che doveva servire da "volano all'economia".
Crollano vestigia della civiltà romana, si chiudono musei, si svendono monumenti e begli edifici, si lascia morire le nostre città d'arte, magari soffocate dall'immondizia, si chiudono teatri, si mette in cassa integrazione orchestre, non si fanno più mostre, concerti, spettacoli, la televisione ripiega sempre più verso la banalità e la volgarità...

Ecco qualche stralcio da un articolo dal Corriere di oggi. Lo riporto senza commento, e vorrei che ci contassimo.


LA NOSTRA CULTURA E L'IMMAGINE DEL PAESE

Uno straniero alla Scala

Un argentino-israeliano nato da genitori russi, prima di dirigere l'opera di un tedesco, in un teatro gestito da un francese di madre ungherese e voluto da un'austriaca, legge la Costituzione italiana. Una magnifica combinazione, se non fosse per un particolare: rischiamo di diventare comparse in casa nostra.
Daniel Barenboim ha fatto bene, in attesa di lasciare il passo a Wagner e alla sua Walkiria, a citare l'articolo 9 («La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»). (...)
Risparmiare sulla cultura, per un Paese come l'Italia, è autolesionista. Certo, il momento è economicamente difficile. Ma l'unico petrolio nazionale sta nella nostra testa. Altro, non ne abbiamo. Quando Angela Merkel è stata messa di fronte al piano di riduzione della spesa, ha detto ai suoi contabili: tagliate dovunque ma non la cultura, l'istruzione e la ricerca. Una signora tedesca cresciuta nella Germania comunista ha intuito quello che molti italiani, vissuti a bagnomaria nella bellezza, non vogliono capire. Non riusciremo a emulare i nostri precedessori, quelli che hanno arredato le nostre città, costruito i nostri teatri e scritto la colonna sonora della nostra vita insieme. Cerchiamo, almeno, di non imbarazzarli.
Era imbarazzante e imbarazzata, invece, l'assenza del ministro della Cultura alla prima della Scala. (...)
(Beppe Severgnini)